INTERLAND UDINESE – LUGLIO/SETTEMBRE 2020

Salto la cena 2

Altra corsa altro giro! Il secondo di quest’anno attorno alla città, in quattro tappe. Le sere si accorciano ma il cammino fin oltre il tramonto dilata il tempo ed amplifica il piacere di vivere assieme gli ultimi ritagli di natura della periferia, scampati al cemento e all’asfalto.

SANTA MARGHERITA DEL GRUAGNO – 31 LUGLIO. Groang (Santa Margherita del Gruagno), e Braitan (Brazzacco), i due antichi feudi donati nel 983 dall’imperatore Ottone al patriarca Rodoaldo, sancendo la nascita del patriarcato aquileiese, distano in linea d’aria meno di due chilometri. Nel mezzo, colline moreniche, e una bassura che ha tutta l’aria d’esser stata una palude dopo il ritiro del grande ghiacciaio tilaventino. Il borgo più bello nei dintorni di Udine ci accoglie al tramonto, silenzioso e distante nel tempo, come sempre. Usciamo dalla porta sul retro, come fuggiaschi diretti a Brazzacco. Una ripida discesa sull’antico acciottolato, tra muri in sassi tondi che nessuno saprebbe più costruire, ci porta subito nell’ampio avvallamento. Il passo è spedito e la serata piacevole. La luce formidabile: caldissima. Da questa piana ne abbiamo visti di tramonti, e quanti ne vedremo ancora! Risaliamo l’opposto versante driblando alcuni ciclopici massi erratici: macigni portati quaggiù dai monti, sul groppone dell’enorme ghiacciaio, e qui abbandonati diecimila anni fa. Dai muri in pietra che circondano il castello sbucano belle rose. Conservano lo spirito di Cora Slocomb, moglie di Detalmo di Brazzà, che a fine Ottocento volle ornare il parco e la villa castellana di rose, rifiorenti anche in inverno. Le colline stasera ci regalano colori vivaci, che dal cielo scendono persino sulle arnie allineate sul bordo dei boschetti. E la notte, giunta infine tra le stradine dei borghi, ci porta in dote una bella luna, spuntata dietro il campanile aguzzo di santa Margherita, alto sul colle, a rischiararci il rientro.

ZOMPITTA – 21 AGOSTO. Il Canale Principale, che di lì a poco verrà equamente ripartito nelle rogge di Udine e di Palma, scorre silenzioso verso il tramonto. Tutt’attorno le case di Zompitta, prima d’addormentarsi si affacciano sull’acqua con le loro aie, dove un tempo il tramestio dei secchi di ferro riempiva sere d’estate come questa, nitide e serene. Mancano le grida dei bambini, i rumori delle stalle, e gli odori del passato. Mancano le rondini radenti le rogge. Ma resistono i campi e le volte verdi delle siepi, che nascondono campanili e assediano le rogge definendone un intorno di intimità e segretezza dove è un piacere camminare, bisbigliarsi qualcosa o tacere. Oltre Cortale, dalla bella piazzetta raccolta attorno alla più classica delle chiese friulane e dalle fragorose pale del vecchio opificio, oggi locale snob, una deviazione ci avvicina al greto asciutto del Torre. Tutta la sua acqua è catturata nelle rogge; i salici ripaioli sono a secco e le pozze dovranno aspettare l’arrivo dell’autunno per riempirsi di nuovo d’azzurro e gjavedòns. Piomba il buio e ci agguanta a Remugnano, nel groviglio delle due acque antiche che qui distano pochi metri: a ovest, dietro l’ex mulino, la roggia di Udine, ad est, tra la segheria e la “farie”, quella di Palma. In mezzo una anziana signora, seduta fuori dall’uscio, alla luce gialla del lampione, a prendere il fresco come un tempo. Non c’è più nessuno per chiacchierare; nessuno che passi a piedi o in bici, tranne noi, eccezione alla regola. Scambiamo due parole per tenerle compagnia. Poi ci rituffiamo nella notte senza luna e con poche stelle, causa foschia. Ma basta quellla Polare, intravista tra i gelsi, a certificare che nemmeno stasera ci siamo smarriti.

SALT – 2 SETTEMBRE. Le giornate si sono davvero accorciate e l’equinozio autunnale si avvicina. Il freschetto serale diventa quasi freddo se pigliato in mezzo ai campi, assieme all’umido della terra. Ma un girasole tardivo, spuntato nella distesa di soia, ci guarda sorridente, volgendo le spalle all’ultimo sole. Magica serata anche questa, nella campagna a est della città. Batuffoli di nubi lontane, bianche in alto e nere di pioggia sotto, fanno da cornice al lungo tramonto. Tra stradine di campagna tutt’altro che diritte stiamo cercando le tracce dell’antico monastero femminile di Salt, fondato nell’ottavo secolo da tre fratelli longobardi, a quanto pare per confinarvi loro madre: la nobile Piltrude. Ma della “Ripa que vocatur Salto” non v’è traccia, anche se il Torre non dista molto e il cimitero di Povoletto, con la sua antica chiesa, potrebbe nascondere qualche indizio. Attraversiamo Grions che fa già buio e andiamo di fretta tra le viuzze del borgo, scatenando da dentro le corti chiuse l’ira dei cani. Stiamo accelerando il passo per uscire all’aperto e non perderci l’alba lunare. Appare un chiarore dietro il profilo dei colli, sopra il campo di lavanda. Improvvisa si accende una luce bianca, poi una linea curva, poi in un minuto tutta la luna, piena e luminosissima. Anche stasera possiamo risparmiare sulle batterie delle pile frontali: il rientro è illuminato a gratis.

BALDASSERIA – 18 SETTEMBRE. Se a fine maggio partivamo con il sole all’orizzonte e tornavamo con la luce del tramonto, a metà settembre partiamo dopo tramontato e torniamo che fa buio da un pezzo. Ma camminare in compagnia, la notte, in periferia della città, dove non giungono rumori e odori urbani, tranne il riverbero delle luci che ci impedisce di vedere le stelle più piccole, è un piacere. Ci sembra di rubare tempo alla routine quotidiana, di ritagliarci spazio nuovo, inventare un pezzo di vita. Stasera, o meglio stanotte, siamo capitati a due passi da Udine, nell’ultimo francobollo di campagna che si è salvato ai capannoni, alle villette, alle strade che portano al niente. Qui ci sono i filari di gelsi, i prati stabili, i campi friulani da un terzo di ettaro e le siepi agrarie. E soprattutto stradine bianche, con la ghiaia che scricchiola sotto i piedi come il pavimento in rovere di un antico castello. Il nostro regno stasera è la natura, libera o imprigionata che sia. La scoviamo ovunque. Anche qui, alle porte della città, c’è un mondo parallelo, fatto di specie vegetali spontanee, intrufolate abusivamente tra i coltivi. Sono le piante infestanti, tenaci e indomabili. C’è lo stramonio, l’amaranto, l’artemisia. Ci sono le viti americane, l’indaco bastardo, l’abutilion. Ci sono pipistrelli, qualche civetta, e c’è il vento stasera, da est, che fa ondeggiare le fronde degli olmi. Ci dona freschezza e lava i ricordi. Quanta leggerezza stasera!