REDIPUGLIA – 26 MAGGIO 2020

Verde speranza

Il Monte Sei Busi, di “busi” ne ha molti di più, e anche di storie di guerra, di poveri soldati che su queste pietre hanno posato per sempre il loro giovane corpo. Le doline si contano a centinaia in questo settore occidentale del Carso, al limite della pianura isontina da dove, nel maggio del 1915, partirono i primi assalti italiani per la bramata conquista di Trieste. Anche noi oggi partiamo da qui, da una di queste doline, trasformate durante i massacranti anni di guerra in ripari, infermerie, cimiteri, luoghi dove sostare prima di un assalto, che si rivelò l’ultimo per molti fanti. La dolina dei Bersaglieri riassume in uno spazio raccolto e austero tutto il nonsenso di una guerra. Ma oggi, come dice Ungaretti, è il verde della speranza ad avvolgere questi camminamenti, nascondere le trincee, cancellare i segni della brutalità umana. E oltre al verde della sesleria e degli ornielli, ci adorna la tavolozza completa di sfumature bordò: è in fiore il sommacco, o scotano (Cotinus coggygria). Che in autunno sia superlativo per le sue variazioni cromatiche, dal rosso al giallo, si sa. Ma anche in primavera non scherza! I tratturi sul rosso ferretto si aprono all’interno di queste piumose fioriture che solo la luce del sole sa valorizzare in mille riflessi cangianti, a formare un’ondeggiante, eterea velatura sotto l’azzurro vivo del cielo pomeridiano. Due ore senza meta vagando tra queste lande che riservano modesti ma significativi panorami: su San Martino del Carso, sul San Michele e più lontano l’Hermada, sulla sottostante Fogliano e poco oltre l’accenno lucente del mare. Sono due ore ben spese. Ce ne fosse di tempo da spendere così, solo per il gusto di scoprire camminando!

“Il Carso non è più un inferno, è il verde della speranza…” con queste parole l’ottantenne Ungaretti, definiva nel maggio del 1966 i luoghi dove, da soldato della Grande Guerra, scrisse le note poesie. Questo pomeriggio di maggio lo dedichiamo a quei luoghi.