STOLVIZZA – 16 GENNAIO 2021

Un romantico perdigiorno

Stolvizza e le sue bianche case disposte in linea una sull’altra, raggruppate in faccia al sole, sul ripido pendio che sovrasta il pianoro coltivato, ci appare nel mattino d’inverno come un paesino ordinato, silenzioso, liberato dall’assillo del progresso e della decantata valorizzazione turistica. Le due Babe alle sue spalle: i denti aguzzi del gruppo del Canin, continuano quell’atavico dialogo con le loro genti, che nemmeno il terremoto ed il fuggi fuggi degli anni Ottanta ha interrotto. I resiani sono restati nella culla della loro vallata, e se i paesini si sono spopolati è per questioni anagrafiche più che economiche. L’alta valle si chiude a Est con il catino di malga Coot, visibile nella luce radente del freddo mattino, al di sopra delle chiome “galavernizzate” dei pini neri. Partiamo per un anello tra gelidi scenari della bassa valle, separandoci da quel bel sole, promessa di tepore, che i versanti Nord delle catene prealpine speditamente rapiscono. Ci tocca un cielo azzurro piatto e un’atmosfera da semestre invernale al Circolo Polare. I ristretti pianori, che nella bella stagione ci vedono andar per erbe medicinali o rari fiori, sono incantesimati a meno dieci e solo il cervo ed il capriolo pare ne abbiano avuto accesso da un paio di settimane, vista l’assenza di impronte umane. Un reame di cristallo si dischiude nel silenzio del giorno breve.
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Le lunghe giornate fredde con temperature sotto zero anche di giorno, l’aria asciutta e l’assenza di vento hanno consentito la formazione di grandi cristalli di ghiaccio sulla neve caduta nelle scorse settimane in val Resia. L’incantevole conca solcata dal torrente Resia esibiva stamane il volto tintinnante d’una cristalleria.

Il frastuono delle ciaspole che rompono miriadi di cristalli perfetti copre purtroppo i suoni deboli del bosco invernale: un lontano riu riu riu del picchio nero, lo scrosciare ovattato delle acque del Resia, e qualche coraggiosa cincia, qua e là nel fitto delle conifere. Osservo i pini neri appena nati. Sbucano con la debole punta dal manto gelato. Piegati, malconci all’apparenza. Basterebbe una semplice flessione data dagli scarponi e crack, svanirebbe una scommessa di vita. Perdendo la dominanza apicale per questi alberi non ci sarebbe futuro, al contrario di molte altre latifoglie. Ce la faranno? Cresceranno? Alcuni si, alcuni no. Si chiama selezione, nulla di nuovo… Per noi bipedi benpensanti non è così. Inventiamo abiti pesanti, vaccini, reti previdenziali, ecc. Ma non è tale argomento che ha richiamato la mia attenzione tra le cristallerie naturali della val Resia oggi. Nemmeno la sleale partita cacciatori-cervi, giocata in un campo innevato e dalle condizioni proibitive per gli ungulati, con le regole stabilite dai bipedi benpensanti e valide sia per il bel tempo che per la neve, già molto selettiva di suo. Non c’è da perdere tempo inseguendo con ragionamenti scientifici chi insegue d’istinto una preda immeritata. Piuttosto mi soffermo ad osservare i cristalli di ghiaccio cresciuti nottetempo in ogni dove intorno a queste ombrose e recondite plaghe. So già che non ce n’è uno uguale ad un altro, e non mi sforzo di usare lente e microscopio per scovarne eventuali similitudini. A questa passione si è già dedicato un romantico perdigiorno, oltre cento anni fa: Wilson Bentley, fotografo statunitense di fine Ottocento, che per una vita ha fotografato e catalogato fiocchi di neve. Adoro le persone come lui, quelle che hanno un progetto strampalato in mente e lo portano a termine. Il suo metodo era semplice: faceva posare la neve su un vassoio ricoperto di velluto nero e con una fotocamera appositamente modificata scattava delle microfotografie ai cristalli di ghiaccio, ovviamente all’aperto e al freddo. Per quaranta inverni collezionò migliaia e migliaia di fotografie, rendendosi conto che non è possibile trovare due fiocchi di neve perfettamente identici. Non so se il suo libro fotografico: “Snow Crystals” pubblicato nel 1931 ebbe molto successo, ma inseguire un’idea con sì tanta tenacia è virtù di pochi. Ogni volta che vedo un cristallo di ghiaccio non posso non pensare a Wilson Bentley e oggi in val Resia c’era veramente da smarrirsi ad osservarli, da veri perdigiorno.