MONTE STELLA – 23 DICEMBRE 2020

Tracce in fumo

Riparte lentamente, a migliaia di chilometri all’ora, il nostro viaggio cosmico lungo un’orbita perfetta che in sei mesi ci riporterà dall’altra parte dell’ellisse, nel mezzo dell’estate. Allora un altro fuoco propiziatorio illuminerà la breve notte di San Giovanni e noi saremo chissà dove, in quale angolo dell’universo, in quale prato o cimetta, a goderci fresco e panorami. Ma … – tra due giorni è Natale, e non va bene e non va male – , come ha scritto qualcuno, e questa lunga notte ci raddensa come animelle rattrappite alla cima del Monte Stella, davanti ad un fuoco che stenta a farsi largo tra legna fradice, raccattate da cumuli in decomposizione e accatastate istintivamente a mo’ di piramide, senza grandi progetti e pretese. La speranza di vederlo ardere è al lumicino. Ma ce la farà come sempre, il fuoco del 23 dicembre, a rischiarare quel breve intorno sferico che contiene i nostri volti, ad accogliere nei suoi sbuffi e crepitii il nostro dimesso vociare, gli ampi silenzi che ci circondano. Si conclude quest’oggi, simbolicamente, un anno di camminate, un anno di esperienze, di “avventure”. Vuoto il sacco che tutte le racchiudeva davanti a questo misero fuocherello. Faville veloci sfiorano immagini, volti, ricordi. Ma oggi non mi soffermo su questi aspetti, non ho fiori in mente, o paesaggi, borghi, gente, amici. Adesso che questo tratto di vita è passato penso solo ai miei scarponi, che tra l’altro dovrò cambiare a breve, e penso ai sentieri che hanno battuto. Penso alle tracce seguite, alcune larghe, altre evanescenti, ai rami spostati per vedere oltre, ai segni di calpestio intuiti, persino azzardati. Penso alle tabelle, ai bollini dei segnavia bianchi e rossi che ho visto scivolarmi di lato: offrono sicurezza, a volte la certezza di essere rientrati sul cammino ufficiale, quello con capo e coda. Non penso le tante salite e le discese, anche ripide, in virtù di fatiche o difficoltà. Le rivivo come tratti di sentiero che ci hanno portato ovunque abbiamo programmato d’andare o deciso all’ultimo. Il fumo sale denso e a lente volte prende la via dell’Ovest.
(Continua…)

Salendo alla cima raccogliamo legna bagnata dal tempo umido, dalle piogge di dicembre, per tentare, con il falò solstiziale, di illuminare la notte più lunga dell’anno. Una piccola luce alle soglie di quella notte, a due giorni dal Natale, un piccolo puntino luminoso che potrà orientare chi, dalla pianura friulana, guarderà in alto.

Le fiamme stentano ad evaporare la legna bagnata. Il vaticinio sarebbe negativo, quasi nefasto, senza appigli e possibilità d’appello. Non trovo la faccia bella di questa medaglia, qualcosa di buono da pronunciare che dia speranza ai presenti, desiderosi forse di sentirsi dire il più banale: andrà tutto bene, o forse disincantati e motivati solo al presente, e speranzosi nel calore della fiamma. Siamo in pochi qui attorno. Non siamo venuti per curiosare nel futuro; più che altro siamo a fare due passi in una sera evocativa, a cercare quel minimo di calore ancestrale che a breve, si spera, il fuoco elargirà a piene vampe. I sentieri che abbiamo percorso sono stati una certezza, scevri da profezie e sempre saldi sotto il Vibram. Non ci hanno mai traditi, anche quando d’improvviso si sono interrotti, a causa di una frana, un albero caduto, o sono andati affievolendosi e morendo verso un prato abbandonato. Molte volte ci hanno condotti in luoghi inesplorati, da noi ovviamente. Ci hanno rapiti per qualche ora, per un pomeriggio o una breve giornata, indirizzandoci verso remote plaghe. Terra, rocce, erba, foglie, sabbia, asfalto, poco importa il substrato, anche se d’erba è meglio, e meno ancora la direzione, un po’ come quella del fumo stasera, che si attorciglia prima di decidersi. Ma che vada dove vuole il fumo! Non inseguiamo profezie, non tiriamo le somme di un’annata o ci spendiamo in previsioni per la prossima. Qui non si tratta di bilanci, di mete e gradimenti. È il senso del muoverci che osservo ai piedi del fuoco, il perché dell’alzarsi presto, e partire. Incamminarsi nel giorno che deve farsi giorno, nel giro di un tramonto allungato oltre le cime. È il partire con ogni clima, in alcuni casi pure con la pioggia; la pioggia, sì, quella cosa miracolosa a cui pochi vogliono veramente bene, che ha pure inzuppato la legna stasera. Ma ecco che ora parte! La fiamma si libera dalla gabbia di fusti e tutto avvolge, scacciando buio e freddo, umidità e nuvolette di vapore dalla bocca. L’ondata di calore ci investe sulle guance, ci stringe le pupille e scalda il cuore. Con gesto semplice mi abbasso incontro ai miei scarponi bagnati. Riassetto i lacci e li osservo dialogare con la terra. Origlio per un attimo; terreno e scarponi han sempre molto da dirsi, a fine anno poi… Li ringrazio e mi rialzo. – Tra due giorni è Natale e non va bene e non va male, buonanotte torna presto e così sia. –