SAN FLOREANO – 23 FEBBRAIO 2021

Risorgenze

Chi gli diede il nome forse scivolò in quell’acqua limpida durante l’estate e si accorse di quant’era fresca. Dopo altri cento metri potrebbe già chiamarsi fiume, vista la portata, ma il suo corso è troppo breve per riservargli questo onore sulla carta topografica. Onore che gli assegniamo soltanto noi nel vederlo meandreggiare pacifico in questo scampolo di alta pianura che precede le colline moreniche, e donare le sue acque ad un corso ancor più grande: il fiume Ledra. Toponimo affascinante, misterioso come molti nomi d’acque. Un fiume, che gli autoctoni chiamano “la Lêdre”, ben più lungo del rio Gelato, ma con la stessa origine: un corso d’acqua sorgiva. Nasce qualche chilometro più a Nord, nella piana tra Gemona e Artegna, tra i campi di Godo, sotto Silans. Trentacinque miglia romane oltre Aquileia. Era superato dall’antica strada consolare Julia Augusta, che ne segnalava le sorgenti “ad Silanos”, riportandole sulla più famosa carta stradale dell’antichità: la tavola peutingeriana. “Risultivis”, risorgive, venute a giorno di acque alpine, non solo nella Bassa friulana, terra di risorgive per antonomasia, ma anche in questo lembo di Alta pianura detto Campo di Osoppo. Non solo fiume Ledra e rio Gelato, ma anche fiume Corno, Bârs, Melò, e tanti altri rii e fiumiciattoli che scaturiscono non da pareti rocciose o anguste valli, bensì dal mezzo dei campi, tra i filari dei gelsi. A risorgere quest’oggi non sono soltanto le acque chete, che s’avviano verso il grande Tagliamento.
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Acqua novella. Lucente riemerge in mezzo alla sonnecchiosa campagna invernale. Spunta silenziosa e scorre tra le radici nude di un filare di platani. Il rigagnolo si rinforza rapidamente, prende coraggio. Oltre la olla dei potamogeti, che bassi ontani attorniano e tra qualche mese nasconderanno con fronde scure, si fa roggia. È il rio Gelato.

Sugli argini erbosi, tra fasce arbustive riparie, lungo i boschetti rivieraschi sono spuntati, a migliaia, campanellini, bucanevi, crocus, ellebori verdi, scille, primule: i primi fiori dell’anno. Annunciano in modo inequivocabile che la stagione fredda è alle spalle, come i monti per queste acque, e davanti c’è la bella primavera, una vasta piana di luce da invadere con vivaci corolle. Straripanti colate violacee han ricoperto le foglie accartocciate dei platani; giovani germogli di sambuchi e biancospini hanno scalzato le perule protettive delle gemme invernali. Certo, la sfida al freddo non è ancora vinta. Per qualche giorno le temperature potranno scendere nuovamente, di notte anche sotto zero, potrà persino cadere qualche fiocco di neve, ma il dado è tratto, la stagione vegetativa avviata. I segnali visivi sono chiari, ed anche quelli sonori non ci smentiscono quest’oggi, mentre camminiamo sulle leggiadre rive del fiume, nel mezzo di un incantevole giardino naturale. Gli uccelli infatti hanno sostituito ai versi invernali i melodiosi canti serali. Nuovi coristi si aggiungono man mano, arrivando da sud. Si va completando il cast di questo recital che, se le motoseghe non perturberanno abbattendo scenari arborei, verrà riproposto anche quest’anno, nonostante qualche variante, sempre d’interesse per la natura. Buon divertimento quindi, e godiamoci lo spettacolo, iniziando dall’apprezzato prologo: le risorgenze.