VAL SAISERA – 6 SETTEMBRE 2020

L’ultimo ghiacciaio

Ogni volta che parcheggi a Malga Saisera, sollevando lo sguardo alla Nord del Montasio (definirla parete è riduttivo), non potrai non pensare alle parole del più famoso ammiratore di questa montagna, Julius Kugy, che qualcuno ha scolpito nella pietra e posto a sua memoria proprio qui, dove il grande alpinista scrittore soleva sostare in contemplazione e studio di future ascese. Anche noi, oggi, da apprendisti alpinisti, tenteremo la nostra piccola impresa, non studiata nei particolari come avrebbe fatto lui, ma programmata per piccole tappe. La prima è il bivacco Stuparich. Dai pascoli della malga non si vede, ma se ne intuisce la posizione, sotto la Torre Palizza. A destra del bel puntale roccioso s’intravede lo squarcio dell’ultima morena frontale: l’ingresso al tempio di ghiaccio. Il pensiero è già in fuga, fiato corto ma va veloce… Lo inseguiamo taciturni nella spianata di ghiaie dell’alta Saisera, sotto sonnecchianti colossi di pietra con la testa avvolta tra stracci di nubi innocue. Il ripido si fa’ ripidissimo e l’estate calda si è presa come al solito possesso di questo inizio d’autunno. Le fronde alte dei faggi virano timidamente verso tinte ocracee, ma le piante appaiono indecise, tra ritmo circadiano e andamento termico degli ultimi decenni. (continua)…

Ci sono camminate che si fanno solo per il gusto di curiosare e di visitare luoghi belli, rilassanti, liberatori. A volte invece capita di vedere luoghi che stanno cambiando a causa del nostro scellerato modo di vivere. Oggi eravamo in questa seconda modalità, che tuttavia non ha escluso la prima.

A metà salita paretone strapiombanti e slanciatissimi faggi ci distraggono e allontanano un po’ la fatica. Finalmente sbuchiamo tra arbusteti altimontani e il mondo di roccia delle Giulie, severo e imperioso come un buon padre, ci accompagna nell’ultimo tratto fino al bivacco. Dopo il pit-stop di routine ed una breve introduzione sulla vita alle basse temperature, si riparte in direzione sud, che qui vuol dire salire ancora verso la parete Nord, vuol dire via Kugy, vuol dire emozioni e suggestioni. Affrontare una morena in salita e in discesa è un divertente esercizio di fantasia deambulante, dove ognuno si sceglie il percorso, tra massi di tutte le grandezze, sassi e ghiaia, ben mescolati a caso come solo un ghiacciaio sa fare. Dalla sommità della morena precipitano roccette. Giovani stambecchi, sotto l’occhio vigile di una femmina, ci danno così il benvenuto nel mondo alpino. Entriamo dall’ampio varco e ci appare in tutta la sua vastità il luogo ove si sta registrando il dramma dei nostri tempi: il cambiamento climatico. Il ghiacciaio, ciò che resta di esso, è ricoperto di neve e detriti. Negli ultimi decenni ha perso più della metà del suo volume, e la massa gelata presenta chiari segni di sofferenza. La natura ci mostra le ferite. Presto ci presenterà il conto. Forse ha già iniziato, con il coronavirus come caparra. (continua) …

Ci troviamo in uno scenario tra i più suggestivi delle Alpi Giulie. Ci raggruppiamo, intimiditi e silenziosi, al centro di quest’anfiteatro gigantesco, consapevoli di essere complici del drammatico cambiamento in atto. Ho portato il materiale per campionare i microrganismi che vivono in questi ambienti estremi: tamponi, piastre Petri con terreno generico (buono per muffe, batteri, alghe…), guanti, borsa frigo. Svolgo con metodo i prelievi da ghiaccio, neve, rocce, attardandomi in questo mondo non mio, ma che cerco di rispettare usando gesti discreti, essenziali. Il gruppo sta rientrando al bivacco per il momento conviviale. Mi volto ancora un attimo a contemplare tanta bellezza e mi vergogno per la mia specie. Mezz’ora dopo siamo tutti attorno a dolcetti e caffè, e qualche ora più tardi, rientrati a malga Saisera, ancora in festa per una nuova vita sbocciata ieri. Il neo-nonno stappa bollicine friulane e i vitellini, da dietro al recinto di legno, assistono incuriositi alle nostre sregolatezze. Il recondito brindisi non po’ che essere volto al futuro, benchè assillato dal solito dubbio: avrò fatto qualcosa, o abbastanza, per permettere alla neonata di godere anche lei, tra una ventina d’anni, dello spettacolo delle nevi perenni alla base della Nord del Montasio?