TARCENTO – 3 SETTEMBRE 2020

Tra le vigne di Kujija

Ci siamo saliti ai primi di settembre, tra nubi sode e grappoli maturi. Allontanandoci dal centro del paese, dove a metà del Cinquecento il signore Cornelio descriveva con dovizia di dettagli il suo bel giardino con l’amata fontana, abbiamo preso a salire il più occidentale dei Colli Orientali friulani: Cuje. Superata la lussureggiante selva di quello che fu il grande parco di Villa Moretti, dove oggi mancano solo le scimmie e i pappagalli per certificare il nostro safari amazzonico, ci siamo intrufolati nella galleria verde del sentiero dei tedeschi, a memoria di meste vicende belliche. Lentamente ne è scaturito un gaio viaggio nei tempi della Perla del Friuli, che ha preso spazio a un pomeriggio di sole. A seguirci, passo passo, due guide d’eccezione: Olinto Marinelli e Chino Ermacora. Quando il primo, nel 1912, pubblicò la preziosa “Guida delle Prealpi Giulie”, scrigno di inesauribili informazioni sul passato di queste terre, il secondo aveva diciott’anni. E quando Chino, nel ’35, diede alle stampe il leggiadro “Vino all’ombra”, anch’esso tesoro di notizie ed aneddoti legati ai tempietti di Bacco d’allora, la Ninute aveva un anno. Lei non ha pubblicato libri, ma dalla sua bocca escono parole ben salde, sferzanti come le massime di Chino e precise come le descrizioni di Olinto. Quanta saggezza concentrata sulla cima di un’esistenza; di lassù, se ci arriverai leggero di averi e ricco nel cuore, certo che anche tu potrai vedere il mare, quel mare di vita che Ninute ha dentro e ti racconta in poche frasi, schiette come i rossi di Kujia. I tempi quel pomeriggio di settembre si sono dilatati, tra una sosta e l’altra, al confine tra colline e prealpi. I boschi erano ancora verde scuro come in piena estate ma le vigne, vestite a festa da candide reti antigrandine, erano profumate e pronte per la vendemmia. Il lento andare sotto le fresche frasche di Kujija, scandito dalle saporite battute di Chino, fissato nel palato della memoria dallo speciale retrogusto del Verduzzo del Dami, riverberato dal racconto di Cesare, letto sotto il castagno dai ricci verdi, resterà per sempre in noi. E il tramonto giallo sulla pianura, intuito tra le bollicine di un bicchiere a casa di Flavio, ha fissato per bene il ricordo del pomeriggio speciale. Dai petali staccati alla margherita della vita, altalena tra la tristezza e felicità che un buon vino sa contenere, oggi, manco a dirlo, è rimasto ultimo quello della felicità. Felicità come il giro di ballo di Dea, scalza e sorridente, sul tavolato della terrazza di Pirinici, alta sui tetti e sulle vie già invase dal buio serale.

La casa di Ninute è lassù in alto, oltre il meleto del Zuc. Superata l’ultima osteria, risalirai di fianco alla vigna e più su, aggirato il cocuzzolo, te la troverai davanti, aperta sulla pianura friulana. Con il bel tempo dalla veranda di Ninute potrai vedere anche il mare.