RACCOLANA – 16 FEBBRAIO 2021

Istanti cristallini

Quando per una settimana o più le temperature scendono e si mantengono sotto zero anche di giorno, la Val Raccolana si trasforma nella “valle dei cristalli”. Di cristalli a dire il vero ne è ricca anche d’estate: i cristalli della dolomite, il minerale che costituisce gran parte delle rocce dei ripidi versanti. Tuttavia in questo settore alpino non si formano quelle spettacolari strutture di guglie e torri che altrove attirano milioni di turisti ogni anno. Nel suo piccolo l’umile valle, punteggiata da semplici paesini in parte spopolati e discosta dai flussi turistici blasonati, ci offre garbatamente il suo momento di gloria. Lo spettacolo dei cristalli del ghiaccio infatti si compie in silenzio, goccia a goccia, lontano dai riflettori, ed è uno spettacolo sorprendente, imprevedibile, incantevole. Quando, per qualche giorno, l’inverno fa davvero il suo lavoro (sempre più raramente negli ultimi decenni a causa del cambiamento climatico), si può assistere alla straordinaria metamorfosi di questa discosta gola. Impressionanti strutture di ghiaccio rivestono le pareti strapiombanti, plasmando un paesaggio surreale, un meraviglioso mondo di forme appuntite, di stalattiti e stalagmiti, vele e concrezioni bizzarre; una fugace, gigantesca, grotta all’aperto. Dal cielo azzurro che si affaccia in alto e per breve spazio, contenuto da grigi paretoni aggettanti, precipitano piramidi bianche che vanno ampliandosi in ventagli e onde solidificate, in appuntite stalattiti alle quali corrispondono, alla base, stalagmiti mammellonate, lisce e lucenti.
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La Val Raccolana, angusta e ombrosa, durante la bella stagione è solcata dalle acque cristalline del leggiadro torrente che fuoriescono dalla volta verdeggiante di fresche faggete. In alcuni periodi di freddo pungente, se le condizioni climatiche sono particolari, cambia volto.

Ci attorniano miriadi di geometrie sfavillanti, che è impossibile tentare di catalogare. Sono tutte scaturite dalla sorprendente mescolanza di forme allotropiche che il cristallo di ghiaccio può assumere. Ma l’esistenza di questi gioielli effimeri, creati da alchemiche forze chimico-fisiche, non esige nomenclature sistematiche; è destinata a pochi occhi, perché il suo tempo di vita è breve. Al primo accenno di rialzo termico le strutture collassano, vinte dalla gravità e dalla fusione del delicato solido d’acqua. Crepitii e fragorosi crolli, solo in parte coperti dallo scrosciare delle cascate, riempiono il silenzio della valle invernale. La mano artistica della natura, che tanto si era prodigata nel creare questi superbi arazzi appesi alle pareti della valle, con ugual velocità cancella, cala il sipario nonostante gli applausi dei pochi spettatori. E di solito non concede il bis. Restano solo le pareti del teatro, e resta il cristallo delle dolomie. Per modellarlo ci si impiega millenni e non pochi giorni come per il ghiaccio. Ma sono proprio quelle dolomie, così fratturate e plasmate dalle forze della natura: la spinta dei continenti, le ere glaciali, la pioggia ed il gelo… sono loro a creare canyon e gole profonde, a cui confluiscono acque che si gettano in spettacolari cascate, stillicidi e sorgenti. Lo scenario ideale per lo spettacolo invernale lo dobbiamo proprio a queste rocce grigie e un po’ bruttine se confrontate alle pittoresche Dolomiti cadorine, trentine e friulane.
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La vita della stalattite di ghiaccio è effimera, in precario equilibrio tra passaggi di stato: fusione, congelamento e sublimazione. Osservando queste belle stalattiti che pendevano dalla parete aggettante nei pressi della cascata ho fatto un’ultima considerazione: se nella breve esistenza di una stalattite di ghiaccio si concentrasse tutto il mio vissuto, non potrei immaginare che ci sono stati giorni caldi dove quell’acqua, oggi bloccata in cristalli trasparenti, era stilla di cascata che alimentava una pozza blu. Né penserei che ben presto arriveranno i giorni del disgelo, la primavera, con le paffute infiorescenze dei farfaracci a contornare il ruscello, con i primi raggi del sole a scavalcare nuovamente il crinale, con la lucertola muraiola a riscaldarsi in questa gelida parete. Non potrei conoscere il canto serale del tordo bottaccio scivolare dalle punte più alte degli abeti e amalgamarsi con il suono dell’acqua corrente. Tutto ciò che ora appare immobile, cristallizzato, essenziale, ha conosciuto e conoscerà nuove forme, fasi diverse, che l’istante di una vita non potrà mai immaginare.