VALDAJER – 6 FEBBRAIO 2021

Inutili aspettative

Visioni oniriche di cime aguzze che spuntavano dalla distesa di nuvole basse; l’orizzonte infinito della pianura lontana, immersa nel candido velo di vapore condensato. Fortunatamente le previsioni tentano di prevedere, poi l’atmosfera può anche comportarsi in modo leggermente diverso. E oggi, in questo “leggermente” ci sono trecento metri di nuvole in più rispetto ai pronostici; così le cime sotto ai duemila stamane affondano in quel mare di nubi, trascinandosi dietro anche noi e le nostre rosee aspettative. Non ci resta allora che convivere qualche ora con la nebbia, l’irraggiungibile diafana nebbia, la bruma “impalpabile e scialba” di pascoliana memoria. Il paesaggio in bianco e nero, che comprende una gamma completa di grigi, concede minime varianti cromatiche. Le piccole eccezioni all’appannato dagherrotipo che abbiamo d’innanzi vanno colte a distanza ravvicinata, con occhi curiosi. Infatti a ben guardare il manto nevoso è tappezzato dai semi alati dell’abete rosso: samare ocracee che le pigne hanno liberato al vento e che rappresentano per alcuni animali ancora attivi quassù, nonostante la stagione, una manna. Difatti le punte dei pecci si piegano sotto il peso dei paffuti crocieri, che pattugliano la zona emettendo in volo il loro classico trillo. Sono così legati a tali ambienti, che per quei semi hanno forgiato un becco senza eguali nel mondo dei volatili nostrani. Ma ecco una veloce nocciolaia tuffarsi nel folto delle chiome verde scuro (oggi grigio medio) delle conifere.
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Sotto la coltre di nebbia posata sul manto di neve riposano i piedi del bosco montano. Riposano i pascoli, le marmotte e le rosette basali delle genziane. Le previsioni meteo promettevano il fantastico scenario del mare di nuvole, che l’alba invernale avrebbe indorato regalandoci senz’altro attimi e immagini indimenticabili.

Questo scattante corvide dall’ampio battito d’ali può raccogliere contemporaneamente anche una cinquantina di semi che poi mette a dimora sotto terra, come scorta per l’inverno. Se non nevica troppo potrà persino scavare un buco nella neve per andarli a riprendere. Altrimenti si accontenterà di quelli che ancora son racchiusi nei coni femminili: le pigne insomma. Così, nelle stagioni con tanta neve, ci sono tanti semi messi a dimora da nocciolaie che non verranno mangiati, e quindi tante nuove piantine di abete potranno ripartire dopo la decimazione dovuta alle copiose nevicate. È difficile trovare una cosa che vada storta e basta in natura. Di solito ce n’è sempre un’altra che di conseguenza va meglio, almeno finché l’uomo non ci mette lo zampino. Ma, continuando a discernere su questi minuti semi d’abete, che oggi rappresentano la nota più colorata del paesaggio, sicuramente anche i piccoli mammiferi vi banchetteranno, per non parlare dei galli cedroni, che digeriscono pure gli aghi resinosi e tutt’altro che teneri. Mentre avanziamo sullo spesso manto, ben compatto, penso ai piani inferiori, al punto di contatto tra neve e terreno, circa due metri più in basso. Immagino i mirtilli che qui ho trovato la scorsa estate, e che adesso saranno rinsecchiti, penso alle croste di lichene islandico, ce n’erano tantissime, o alle bacche dei ginepri nani, alle capsule piene di semi dell’azalea alpina. Insomma, laggiù il cibo non dovrebbe scarseggiare per qualche coraggiosa arvicola delle nevi. Se poi ci aggiungiamo anche qualche artropode dall’emolinfa semi congelata, il magro banchetto potrebbe anche regalare un sostanzioso secondo piatto. I topolini infatti sono troppo piccoli per potersi concedere al letargo. E come farebbero ad accumulare del grasso sufficiente! Devono restare attivi tutto l’inverno. Chissà se stanno sentendo i miei passi, le vibrazioni causate da queste ingombranti e rumorose ciaspole. Di certo non pensano ad un predatore. E chi mai si farebbe annunciare da così lontano se il suo obiettivo fosse predare? Le pigne dei pecci, altra nota cromatica che emerge dal grigio, sono quest’oggi a portata di mano non solo per crocieri e nocciolaie, ma anche per noi, visto che i due metri di neve ci consentono di salire un po’ di più rispetto all’estate, quando non possiamo far altro che vederle in controluce.
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Avvicinandoci ai rami possiamo osservare da vicino le barbe dei licheni fruticosi, che vi penzolano gocciolando, sature di condensa. Sono in piena attività ed i loro talli verdognoli, dalle forme più stravaganti e dalle sfumature cromatiche inaspettate, testimoniano l’intensa produzione di zuccheri da parte delle piccole alghe presenti al loro interno, che convivono con i funghi, creando questi efficienti organismi che non ci si stanca mai di ammirare, in tutti i sensi e non solo per l’estetica. E chi l’ha detto che in inverno tutto riposa? A quanto pare anche in alta montagna c’è un viavai non da poco. Certo, giù nella pedemontana stanno fiorendo primule e ellebori, ma anche qui, a giudicare dalle orme sulla neve, dai segni e dai versi, c’è fermento. Mentre seguo con lo sguardo le impronte di una volpe che si è cacciata sotto gli alberi, un vociante stormo di lucherini attraversa lo spazio grigio tra le cime degli alberi. Sembra un’onda scura e veloce, che s’arresta improvvisamente nel folto del gruppo di abeti. Alcuni incursori d’assalto scendono a terra e si spostano in avanti dandosi il cambio. Stanno perlustrando il terreno in cerca di semi sulla neve, o insetti, o chessò io, ma dura un attimo. Da sopra qualche verso di tra i capi banda fa ripartire improvvisamente la nutrita squadriglia. Saranno oltre un centinaio. Giù alla malga la neve ha sepolto quasi tutto. Fanno eccezione i timpani delle stalle, in larice color grigio, ma in questo caso la nebbia non c’entra, restano grigi anche al sole estivo. E poi c’è il secondo piano della casera dalle pareti giallognole. Il resto del complesso è tutto sotto: recinti, vasche, fontane, anche i fili del bucato e le mollette, visti un mese fa, sono scomparsi. Dimenticavo il pennone della bandiera. Ci vorrebbero altri tre metri per seppellire anche quello, ma l’inverno ancora battagliero non è detto che non ce la faccia… Nel rientrare alla base mi chiedo: e se oggi avessimo goduto dello strepitoso spettacolo di un mare di nubi, avremmo comunque apprezzato tutta questa vita che ci girava intorno?